La Corte d’appello aveva escluso il diritto di una società cooperativa a usufruire degli sgravi contributivi per i lavoratori “svantaggiati”, previsti dall’art. 4, co. 3, l. 381/91, ritenendo che non fosse stato rispettato il requisito, imposto dalla legge per poter beneficiare degli sgravi, in base al quale i lavoratori svantaggiati devono rappresentare “almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa”. In motivazione, i giudici di merito avevano spiegato di aver incluso nella base di calcolo della percentuale del trenta per cento tutti coloro che risultavano occupati presso la cooperativa, ivi inclusi i lavoratori c.d. parasubordinati, e non i soli titolari di rapporto di lavoro subordinato.
La Cassazione, accogliendo il ricorso della cooperativa, afferma il principio sopra richiamato, osservando in particolare che:
(i) l’interpretazione della disposizione in esame deve tenere conto del contesto normativo dell’inizio degli anni Novanta, caratterizzato da un mercato del lavoro legato alla regola della stabilità dell’impiego e nel quale le forme flessibili del lavoro rappresentavano un’eccezione;
(ii) l’inclusione dei lavoratori “svantaggiati”, perseguita con la legge del 1991, era dunque volta a favorire l’assunzione degli stessi con contratti di lavoro subordinato;
(iii) conseguentemente, e per ragioni di coerenza, il rapporto del trenta per cento fissato dal secondo comma dell’art. 4 non può che riguardare termini omogenei, vale a dire “lavoratori svantaggiati subordinati” e “lavoratori subordinati (già in organico) della cooperativa”, posto che i primi vanno a incrementare il numero dei secondi.
Si allega il testo della Sentenza della Corte di Cassazione n. 33130 del 10.11.2022